Autodromo di Monza, 100 anni di storie
L’Autodromo Nazionale di Monza compie ben 100 anni. Un secolo lungo di storie e di velocità a cui bisogna rendere i giusti onori. Conosciuto a livello mondiale come il “Tempio della velocità” rappresenta un indiscutibile punto di riferimento per gli sport motoristici.
Oggi parliamo dell’Autodromo Nazionale di Monza, non di un autodromo qualunque badate bene, ma bensì di un autodromo che nella sua lunga e difficile storia è stato quello più amato da tifosi e appassionati di tutto il Mondo. Certo è che una pista più bella di quella di Monza è difficile da trovare. Alcuni sicuramene potranno obiettare, affermando che ve ne sono di più tecniche, difficili e impressionanti. Ma Monza ancora oggi è lì e, nonostante le vicissitudini che l’hanno accompagnato nel corso degli anni, non ha mai perso la sua genuina peculiarità di essere il Tempio della Velocità.
Origini dell’Autodromo di Monza
Volgendo lo sguardo molto indietro nel tempo, sorprende la prontezza dell’esecuzione materiale dell’autodromo. Infatti sono solo 100 i giorni impiegati per la sua costruzione, dal 3 maggio al 20 agosto del 1922.
Il 3 settembre dello stesso anno, con una gara per vetturette, viene ufficialmente inaugurato l’Autodromo Nazionale di Monza. Vince Bordino con una Fiat. Quello di Monza è il terzo circuito permanente al mondo, dopo quello di Brooklands e Indianapolis. Inizia così quella eroica avventura che avrà la sua consacrazione ufficiale il 10 settembre 1922, quando l’Autodromo di Monza ospita per la prima volta il GP d’Italia.
A vincere è sempre Bordino su una Fiat 804. Una storia densa di imprese leggendarie e personaggi, gare memorabili, spietate rivalità, drammi inconsumabili e trionfi che eleveranno Monza a luogo culto della Formula 1.
Giuseppe Campari, Mario Umberto Borzacchini nel GP d’Italia del 1933, Alberto Ascari nel 1955 e il tedesco Von Trips nel GP d’Italia del 1961, sono solo alcuni dei piloti che lasciano la loro vita su questo circuito. La storia di Monza è anche quella di Tazio Nuvolari che vince il GP d’Italia 3 volte. Due con l’Alfa Romeo e una con la tedesca Auto Union. La storia di Ascari, già citato più sù, e di Juan Manuel Fangio. Quella, più recente, di Berger, Alboreto, Schumacher e Leclerc.
La ricerca scientifica sulla pista di Monza
L’Autodromo di Monza è anche simbolo della ricerca scientifica. L’asfalto drenante, il guard rail e pensate persino il Telepass, sono stati studiati, testati e messi a punto proprio a Monza. Il circuito brianzolo è teatro di numerosi tentativi, la maggior parte dei quali riusciti, di record di velocità. Nel 1956 l’Abarth 750, colleziona cospicui primati.
E poi la sua “Sopraelevata“, solo per lei bisognerebbe dedicarle un libro intero. Nota anche come Anello Alta Velocità o Catino di Monza, è costruita nel 1955. Sono gli anni delle sperimentazioni e della necessità di spingere le vetture a limiti estremi e prestazioni maggiori. Gli ingegneri Antonio Beri e Aldo Di Renzo, i suoi progettisti, avevano come obiettivo il raggiungimento, da parte delle vetture, di velocità medie elevatissime in condizioni di guida uniformi, evitando i cambi di marcia e l’uso dei freni. L’anello realizzato è simile a quello originario del 1922, ma di concezione più moderna.
Non dimentichiamo che Monza è utilizzata per la prova e la presentazione agli organi di stampa di auto stradali.
Alfa Romeo celebra i 100 anni di Monza con i Tribe Days
La casa di Arese rende omaggio ai 100 anni del circuito brianzolo con un iconico e spettacolare appuntamento internazionale dedicato al marchio e al legame inscindibile tra questo ed il circuito. Per l’occasione dunque, 112 collezionisti membri del Club Alfa Romeo, provenienti da tutta Europa avranno la possibilità di esporre le loro storiche auto e raccontare così la storia della leggenda del Biscione. Inoltre in onore dei 100 anni del circuito, 100 Giulia GTA, delle 500 prodotte da Alfa Romeo, saranno esposte durante i Tribe Days nei giorni del 10 e 11 settembre 2022.
L’Autodromo di Monza per quello che è stato, per ciò che rappresenta oggi e ciò che sarà in futuro, è, oserei dire, patrimonio dell’umanità, da difendere a qualsiasi costo. Anche solo per l’amore che è manifestato da appassionati e tifosi da ogni parte del mondo.
Co-fondatore e caporedattore