Bruno Simeone, designer di Rossorame
Bruno Simeone è, insieme con l’amico e socio Daniele Del Genio, il fondatore di Rossorame, marchio indipendente di alta moda.
Bruno Simeone è il designer di uno dei progetti più innovativi del panorama della moda contemporaneo: Rossorame, i suoi abiti dialogano con il pubblico declinandosi in innumerevoli forme. I tagli, fluidi e mobili, rappresentano il concetto ultimo di creatività vestendo chi li indossa.
– Qual è stato il punto di partenza che ha portato alla creazione di Rossorame?
L’incontro con il mio amico e socio, Daniele (Del Genio). Siamo entrambi di Martina Franca, ma ci siamo conosciuti a Roma durante il periodo universitario. Condividevamo un appartamento con altre 4 persone, ed è proprio qui che tra noi è nata una grande amicizia che si è poi consolidata con la fiducia reciproca. Rossorame si basa su questa.
La voglia, da parte di entrambi, di ritornare nella nostra Terra (Puglia) e di realizzare un progetto nostro ha fatto il resto. Così abbiamo creato un gruppo di lavoro forte circondandoci di persone leali che ha portato alla nascita di Rossorame. Il nome non è stato scelto a caso. Il rosso infatti rappresenta il colore della passione mentre il rame è il filo conduttore che unisce gli stili e i caratteri di tutte le persone che ne fanno parte.
– Può descriverci come assembla o trasforma i suoi capi?
Come fondatore di Rossorame mi occupo della parte creativa del brand. Amo ricercare i materiali e lavorarli. La lavorazione della materia è un processo molto interessante poiché si assiste alla sua trasformazione man mano che diventa parte decorativa del capo stesso. I tessuti li utilizzo nei modi più vari, sfrangiandoli, bruciandoli, strappandoli, dipingendoli e accostandoli tra le diverse texture. Il leggero è messo a contrasto con il pesante.
– Come è stato vestire Giovanna Civitillo e Drusilla Foer in occasione del Festival di Sanremo?
Un’esperienza fantastica, un sogno che si realizza nel più bel modo possibile. Il successo dell’abito rosso indossato da Giovanna Civitillo è il frutto di un lavoro di studio compiuto proprio per esaltarne la sua personalità di donna meravigliosa.
Con Drusilla invece tutto è nato in modo molto casuale. Maria Sabato la sua costumista e mia amica, mi ha chiesto alcuni capi per vestirla in occasione di una conferenza stampa. Di qui il passo nel proporle alcune idee per le serate del Festival è stato breve. Studiando un po’ il personaggio di Drusilla ho deciso di giocare con la sua fluidità e ho pensato a due classici del guardaroba maschile, rivisitati sulla sua persona, rispettivamente il pigiama, con forme ispirate agli anni ’30 e poi uno smoking nero. Potete immaginare la mia soddisfazione quando nel discorso finale, sul palco di Sanremo, indossava lo smoking nero. I nostri abiti hanno fatto da sezione ritmica al suo spettacolare assolo.
– Come trascorre il suo tempo quando non è occupato con il lavoro?
Riesco difficilmente a stare con le mani in mano. Adoro il rapporto con la natura e dunque mi dedico a coltivare l’orto e i fiori. Questi ultimi, hanno la capacità di mettermi di buon umore. Mi dedico anche a lavorare la ceramica, e qui la fase che più mi piace è quella di infornare i pezzi e poi dipingerli.
– Questo suo amore per la natura la spinge come brand, ad essere più attento verso le dinamiche ambientali?
Certamente. Negli ultimi tempi ci siamo sensibilizzati maggiormente su questo argomento. Infatti lavoriamo sfruttando il tessuto quanto più possibile, riducendo gli scarti, eliminando l’utilizzo di pelli di derivazione animale e utilizzando fibre organiche o ottenute da materiali riciclati.
– Come è stata la sua adolescenza e quanto si ritrova di essa in quello che fa oggi?
La mia adolescenza è stata un po’ combattuta. Per quanto possa apparire bizzarro, fin da quando avevo 8 anni ho sempre saputo di volere fare questo lavoro. Mi ha spronato tanto avere una zia sarta. Spesso mi ritrovavo nel suo atelier perché mi incantavo a vedere come i tessuti si trasformassero in abiti. Il problema però, era capire in che modo potevo diventare uno stilista. Il caso ha voluto che guardando un programma in tv (Donna sotto le stelle) c’erano stilisti emergenti, che sfilavano insieme con big, provenienti dall’accademia della moda.
Ho capito che la strada da seguire era questa ed ho cominciato a studiare, disegnare, tagliare, cucire e soprattutto sognare. Oggi in ogni pezzo creato si riflette molto dei miei sogni, della mia passione e la voglia di trasmette ciò.
– A cosa la ispira quando disegna o pensa una collezione?
L’ispirazione arriva da diverse fonti e forme. Guardando una mostra per esempio. Ero al MArTa di Taranto e qui ho assistito ad una storia che mi ha affascinato tantissimo sulla Magna Grecia. Partendo da qui ho trovato lo spunto per la collezione P/E 2022 che richiama la Magna Grecia rivisitata in chiave “pop”. L’ispirazione, arriva anche dalle persone. Ce n’è una, in particolare, che mi ispira moltissimo ed è Federica Pellegrini. Vera e propria musa, lavorare con lei è piacevole e stimolante per la creatività, al punto che intere collezioni sono pensate e realizzate interamente per Federica.
– Quanto il mood del momento influisce nella realizzazione delle collezioni?
Il mood influisce tanto, e sotto vari aspetti. Tuttavia riesco ad essere flessibile. Nel senso che non sono rigido, ma aperto e attento ad ogni cambiamento. Ciò mi consente, nel mio lavoro, di cambiare direzione anche “in corsa“, facendo sì che tutto diventi molto più interessante.
– Come pensa che vengano interpretate le sue collezioni da chi le indossa?
Penso siano interpretate per la loro unicità derivante dalla piacevolezza che i tessuti generano al tatto e per la particolarità dei dettagli. Sono queste anche le cose che rendono un capo unico e riconoscibile.
– Possiamo dire che la moda sia solo artigianato o anche una forma d’arte?
Per me la moda rimane essenzialmente una forma espressiva ed io personalmente la vivo così. La mia idea è quella di creare un concetto, uno stile. Questo, di base, è anche uno dei motivi che spiegano perché io dipinga i tessuti. Dipingere il tessuto lo rende unico, proprio come una tela. Non si tratta di una stampa, che bene o male, è alla portata di tutti. Per dipingere bisogna avere una certa mano. Diversamente sarebbe un qualcosa di meccanico.
– Come pensa si possa evitare la banalità?
Facendo ciò che sentiamo, evitando di seguire e dunque uniformarsi “alla massa”. Bisogna avere il coraggio di osare e dunque di difendere la propria unicità.
– C’è qualcosa che la spaventa più di tutte?
Devo dire di no… in particolare non ho qualcosa che mi spaventi anzi le difficoltà mi spronano a fare, mi stimolano ecco.
– Preferisce di più le due o le quattro ruote.
Diciamo che le due ruote mi affascinano, ma non le guiderei mai. Io sono più per le 4 ruote comode e pratiche.
– Un consiglio su cosa guardare, leggere e ascoltare.
Dovremmo guardare più film, frequentare più il cinema e spegnere la televisione. Come lettura vi consiglio il libro “Tu non conosci la vergogna” di Drusilla Foer. È talmente bello che ho rallentato nel leggerlo per goderlo fino in fondo. Mentre da ascoltare il concerto di Blanco.
Co-fondatore e caporedattore