Y10 Turbo, 40 anni della piccola peste
La Y10 Turbo è stata definita in molti modi. Ma attenti ad indicarla come una semplice utilitaria. Infatti può ben considerarsi un’icona pop, una ribelle elegante, un oggetto di culto. Per alcuni è stata persino una prima macchina indimenticabile. Per altri, una piccola bomba da tuning. Ma per tutti è stata qualcosa che il tempo non ha scalfito. Dunque succede sempre così, con certi amori, li capisci davvero solo col tempo. E oggi, a quarant’anni esatti dal suo debutto al Salone di Ginevra del 1985, possiamo dirlo senza paura di esagerare.
Quella “Autobianchi” che voleva essere Lancia
Per capire davvero la Y10 Turbo, bisogna partire dal contesto. La macchina non si chiamava ufficialmente Lancia, anche se fu venduta come tale in diversi mercati. Era una Autobianchi, marchio che negli anni Ottanta era una sorta di laboratorio creativo per Fiat. Era il luogo dove si sperimentavano nuove soluzioni, si testava il design, si osava. La Y10, conosciuta anche come “la piccola con la coda tronca”, nacque con uno scopo ben preciso, essere una piccola auto premium, elegante e prestazionale.
Già il design si presenta come qualcosa di incredibile. Firmato dallo Studio Miletto e perfezionato da Giorgetto Giugiaro, è squadrato ma raffinato, spigoloso ma con un certo savoir faire. Quella coda alta e tagliata netta è una manifestazione d’intenti. L’auto è piccola, sì, ma sa distinguersi. E dentro, la stoffa a losanghe, i sedili avvolgenti e il cruscotto curato raccontano di una piccola Lancia travestita da Autobianchi.
Y10 Turbo. Una parola che fa battere il cuore
Nel 1985 turbo era una parola magica. Sinonimo di prestazioni, coraggio, divertimento. Alludeva ai mitici rally, pista, sogno. Quando è chiaro che la Y10 avrebbe avuto una versione Turbo, gli occhi brillarono. Non era una novità assoluta – Peugeot aveva già fatto la sua 205 GT Turbo – ma per il pubblico italiano era un evento.
Il motore della Y10 Turbo era un quattro cilindri da 1049 cc con sovralimentazione IHI, una potenza di 85 cavalli. Oggi può sembrare poco, ma a quei tempi era davvero tanto. Pochi fronzoli, tanta sostanza. Scattava da 0 a 100 in poco più di 10 secondi, ma la cosa più bella era come lo faceva. Con una progressione rabbiosa, una spinta che arrivava all’improvviso e ti incollava al sedile. Era la sensazione del turbo lag seguita dall’esplosione, puro divertimento.
Piccola, nervosa, indomabile
Chi ha avuto una Y10 Turbo lo sa. Non è un’auto da tutti, sincera, sì, ma esigente. La trazione anteriore cerca di tenere a bada l’irruenza del motore, ma se non sai dosare l’acceleratore, la macchina ti mette in difficoltà. Leggera (meno di 800 kg!), nervosa, pronta a scodare nelle curve se si esagera. Ma proprio lì risiede il suo fascino. Si guida con attenzione e rispetto. Non perdona, ma se la capisci, ti porta ovunque, con un sorriso enorme stampato sul viso.
Il cambio a 5 marce è secco, il volante piccolo e diretto, le sospensioni rigide il giusto. Insomma un kart in formato utilitaria. E tutto in uno spazio che oggi definiremmo “urban”. Ma all’epoca è la definizione stessa di compattezza funzionale.
Y10 Turbo, l’eleganza che non ti aspetti
Quello che la Y10 Turbo ha di diverso da tutte le piccole sportive dell’epoca è il suo tocco chic. Perché sì, corre forte, ma lo fa senza mai dimenticare lo stile. Ha interni curati, inserti in legno o plastica soft-touch, sedili ergonomici con tessuti firmati Missoni o Alcantara, a seconda delle versioni. Alcune hanno persino l’aria condizionata e il servosterzo, quando ancora sono optional rarissimi per le piccole.
È una GT tascabile, e come tutte le GT ha il vizio di esigere il meglio, anche nei dettagli. Per questo molte donne la adorano. E molti ragazzi la desiderano. Non è volgare, non è pacchiana. Semplicemente è una piccola italiana con stile e nervi d’acciaio.
40 anni dopo, la Y10 Turbo diventa cult
Oggi, quarant’anni dopo, la Y10 Turbo diventa un oggetto del desiderio tra i collezionisti. Non tanto per il valore economico – che comunque sta crescendo – quanto per il valore affettivo. In Italia è sempre più difficile trovarne una in buone condizioni, originale, non “massacrata” da elaborazioni posticce.
Una nuova generazione di appassionati sta riscoprendo la Y10 Turbo. Ragazzi cresciuti ascoltando i racconti dei padri, o semplicemente affascinati dall’estetica anni Ottanta, dalla filosofia “small is beautiful” e da quella grinta fatta di acciaio, bulloni e compressori. Alcuni la usano per i track day, altri la restaurano pezzo per pezzo, cercando ricambi d’epoca con pazienza da orologiai. C’è chi la mette accanto a una Delta HF Integrale come fosse una sorellina minore ma altrettanto speciale.
E a guardarla bene, oggi come allora, la Y10 Turbo è ancora attuale. Perché vi chiederete? Ebbene perché è diversa. E nella monotonia delle piccole auto moderne, omologate, piatte, silenziose e tutte uguali, lei “urla” letteralmente il suo carattere.
La Y10 Turbo ci insegna che si può essere piccoli ma tosti, eleganti ma cattivi, pratici ma divertenti. È una lezione su come coniugare design, tecnica e emozione in un unico oggetto. Ci insegna che le dimensioni non contano, ma l’anima sì.
Oggi, se ne incontri una per strada, ti fermi a guardarla. E se il proprietario ti lascia avvicinare, finisci per parlarci per mezz’ora buona, ricordando, sognando, immaginando. È successo anche a me, qualche settimana fa, durante un raduno a Varano. Una Y10 Turbo rossa, perfetta, targhe nere, tutta originale. L’ho accarezzata come si fa con un vecchio amico. E ho capito che, per quanto le auto cambino, certe emozioni non vanno mai fuori produzione.
Un’eredità mai dimenticata
A voler essere romantici – e oggi possiamo permettercelo – la Y10 Turbo è la degna erede della tradizione italiana delle piccole sportive. A passarle il testimone è la A112 Abarth. Proprio lei anticipa le Punto GT, le Uno Turbo, perfino certe 500 moderne. Ma nessuna ha avuto quella combinazione unica di charme, grinta e personalità. Nessuna ha saputo dire così tanto in così poco spazio.
Nel 1992 la Turbo uscì di produzione. Gli anni Novanta chiedevano altro, la sicurezza prendeva il sopravvento sulle emozioni, e la piccola Autobianchi lasciò il posto alla Lancia Y. Ma il suo spirito, quello no, non è mai morto.
40 anni dopo la Y10 Turbo è ancora qui, viva e scalpitante, pronta a far battere il cuore. Come allora, come sempre.
Se ne possiedi una, custodiscila. Se l’hai guidata, non dimenticarla. E se non la conoscevi è il momento giusto per innamorartene. Perché alcune auto non sono fatte solo per andare, sono fatte per restare.
Co-fondatore e caporedattore